lunedì 20 febbraio 2012

Tesi di Elisa Casetta (Capitolo 3): Le competenze dell'Educatore Professionale

Quarto appuntamento con la tesi di Elisa Casetta.
Nel terzo capitolo Elisa argomenta sulle competenze dell'Educatore Professionale.
Buona lettura, e alla settimana prossima con il quarto capitolo!



CAPITOLO 3

Le competenze dell'Educatore Professionale

Come trattato nei precedenti capitoli, la professione educativa sta vivendo oggi una nuova stagione di ripensamento e di riqualificazione all'interno delle politiche sociali e nel sistema dei servizi. I cambiamenti del panorama culturale e di politiche sociali verificatisi in questi ultimi vent'anni hanno trasformato profondamente il modo di intendere e di realizzare la professione. Il compito primario, in questa nuova situazione, è quello di riflettere e mettere a fuoco sensi, significati, implicazioni e possibilità connesse alle nuove frontiere che si aprono alla professione. Una professione particolare e complessa quella dell'educatore: intenzionale ed interpretativa, fatta di competenze e riflessività, in cui le idee del rinnovamento e dell’auto-rinnovamento, giocano un ruolo determinante.

E’ una professionalità complessa, in cui molti saperi si connettono ad una prassi che è intenzionale e non solo tecnica, che necessita di capacità di progettualità e progettazione, di comunicazione e di formazione. Da qui la necessità della professione di riflettere costantemente su sé stessa, in modo da preservare la propria identità, il proprio carattere intenzionale oltre che lo statuto problematico.

Non si parla, come spesso si sente dire, di chiudere la fase sperimentale dell'educatore professionale, perché il lavoro educativo è intrinsecamente sperimentale, sia perché si costruisce nell'irripetibilità di ogni singola relazione educativa, sia perché cambia necessariamente secondo i mutamenti del contesto storico-sociale in cui avviene.

È giusto affermare appunto che si apre una nuova fase, tenendo conto dell'intero percorso di vita dell'educatore: il patrimonio di esperienza professionale ottenuto può finalmente consentire di riconoscere le linee fondamentali che caratterizzano la professione collegando in essa attività, metodologie diverse tra loro, nuove prassi e competenze in quanto rivolte e diverse utenze e a diversi ambiti di lavoro.


 

In base a quanto trattato finora alcuni interrogativi nascono spontanei:

Quale tipo di educatore si vuole formare? Che cosa richiede il mercato del lavoro? Queste modificazioni porteranno allo snaturamento del ruolo educativo dell'educatore a favore uno sanitario, con la progressiva scomparsa del primo? E’ possibile, e come, regolare l’accesso all’esercizio della professione educativa (albo professionale, codice deontologico ecc.)?

E’ attorno a questi interrogativi che si intende analizzare i cambiamenti avvenuti nella professione, mettendone a fuoco i punti fermi, le competenze consolidate, e riconoscendone i recenti ampliamenti di ruolo e funzioni, le competenze da implementare.


3.1 Chi è l'Educatore Professionale?
Nel clima di incertezza che da sempre ha caratterizzato il ruolo dell'educatore, questo è riuscito progressivamente e non senza fatiche a collocarsi e farsi spazio per riconoscersi ed essere riconosciuto; tutto ciò, portando un contributo specifico, che si è orientato sui processi di crescita, di apprendimento, di reinserimento sociale, sulla prevenzione con una rilevante e costante attenzione alla persona nella sua globalità, allo sviluppo della partecipazione degli individui, dei nuclei familiari, degli ambienti relazionali e comunitari e alla mediazione con le realtà di intervento.

Come già detto il profilo dell'educatore è definito con il D.M della Sanità n. 502/98 "Regolamento recante norme per l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'educatore professionale", in cui si evidenzia che:

L'educatore professionale:

a) programma, gestisce e verifica interventi educativi mirati al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei soggetti in difficoltà per il raggiungimento di livelli sempre più avanzati di autonomia;

b) contribuisce a promuovere e organizzare strutture e risorse sociali e sanitarie, al fine di realizzare il progetto educativo integrato;

c) programma, organizza, gestisce e verifica le proprie attività professionali all'interno di servizi sociosanitari e strutture socio-sanitarie-riabilitative e socio educative, in modo coordinato e integrato con altre figure professionali presenti nelle strutture,

con il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati e/o delle loro famiglie, dei gruppi, della collettività;

d) opera sulle famiglie e sul contesto sociale dei pazienti, allo scopo di favorire il reinserimento nella comunità;

e) partecipa ad attività di studio, ricerca e documentazione finalizzate agli scopi sopra elencati.

3. L'educatore professionale contribuisce alla formazione degli studenti e del personale di supporto, concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e all'educazione alla salute.

4. L'educatore professionale svolge la sua attività professionale, nell'ambito delle proprie competenze, in strutture e servizi sociosanitari e socio-educativi pubblici o privati, sul territorio, nelle strutture residenziali e semi-residenziali in regime di

dipendenza o libero professionale".

La definizione riportata nel decreto è quella tuttora in vigore, relativamente alla sola area sanitaria; non c'è infatti, una definizione giuridico-normativa che riguardi il profilo professionale, le funzioni e l'ambito lavorativo per tutti coloro che svolgono attività educative, al di fuori del campo sanitario.

Questo comporta una differenza, a livello di collocazione lavorativa, tra coloro che si affacciano al mondo del lavoro provenendo dai diversi percorsi formativi.

Su questi temi l'educatore si interroga e valorizza il piano dei valori e dei principi che conducono l'azione e i comportamenti professionali, al fine di offrire servizi nel pieno rispetto degli utenti, di sé stessi, e delle caratteristiche del contesto.


Il lavoro dell'educatore professionale oggi non può prescindere dal riflettere anche sui principi etici che lo caratterizzano, da cui parte il doveroso lavoro di costruzione di un codice deontologico.

Affrontare la dimensione deontologica permette di rispondere meglio alle domande relative al "non so cosa fare, non so come fare", ma anche alle domande relative al "perché" delle azioni che si compiono, al fine di delineare i limiti e i confini al di là dei quali un'azione educativa diviene eticamente incongrua di un punto di vista professionale.


3.2 Il codice deontologico

L' A.N.E.P. ha proposto dal 2002 un codice deontologico per la categoria degli educatori professionali, in cui vengono individuate le responsabilità nei confronti della propria professione, dell'utenza, delle famiglie, dell' équipe, del datore di lavoro e della società.

Nel codice deontologico s’individuano responsabilità, doveri e impegni, applicabili nell’esercizio della professione dell'educatore professionale, indipendentemente dalla situazione di lavoro, dall’utenza di riferimento, dall’organizzazione dei servizi in cui si opera. L'obiettivo è quello di determinare e di garantire la qualità della pratica professionale degli educatori, secondo principi universalmente riconosciuti e criteri stabiliti dagli stessi. Per meglio chiarire l'utilità di un codice deontologico bisogna innanzitutto ribadire che non si tratta di un manuale, e neanche un mansionario dove poter trovare risposte operative alle infinità di situazioni in cui l'educatore si trova ad operare.

Un codice deontologico che si rivolge ai professionisti, infatti, porta con sé alcune problematiche: è impossibile codificare e regolamentare alcuni aspetti del lavoro educativo, come ad esempio "l'empatia", è una caratteristica questa, personale e personalizzata, ma si può comunque cercare di creare una sorta di "etica comune" a tutti gli educatori, in quanto proprio la presenza di un codice dà per scontato che ci sia una condivisione di valori tra tutti i professionisti e tra gli utenti.


 

La presenza di un codice deontologico è collegata al modo in cui gli educatori vedono la propria professione, un importante strumento di riconoscimento e auto-riconoscimento, nel tentativo di promuoverla e salvaguardarla da possibili esercizi abusivi e non professionali.

Il codice dev'essere inteso come risorsa, che insieme ad altri strumenti tende a favorire visibilità al lavoro educativo, aumentando perciò conoscenza, valore e spessore alla professione. Possiamo affermare che questo codice abbia assunto, per molti, una funzione di tipo "orientativo-conoscitiva" ,come forma di riconoscimento, tutela e diritto, e una prospettiva di legittimazione della professione. A causa di una legislazione ancora carente, il codice risulta indebolito per ciò che attiene la funzione "normativo-giuridica", in quanto manca un'indicazione precisa sia sul percorso formativo che abilita all'esercizio della professione, sia per tutti quei riconoscimenti utili per la costituzione di un albo professionale, al pari delle altre figure professionali che operano nel settore socio-sanitario e non solo. Nonostante questi innumerevoli sforzi, ad oggi gli educatori sono sprovvisti di un codice deontologico adeguatamente codificato e regolato e di un albo professionale, grosso limite, questo, per il riconoscimento di tale professione.


3.3 Le competenze professionali

Il tema della competenza risulta quindi fondamentale ed essenziale per la professionalità dell'educatore. Affinché una professione nasca, si riconosca, venga formalizzata e si consolidi, non è necessario che abbia solo un riconoscimento in leggi specifiche, ma è indispensabile che sia connotata da un corpo di competenze solido e condiviso.

All'educatore infatti, sono richieste specifiche competenze per svolgere al meglio le proprie funzioni.

Non basta essere ben disposti e intenzionati verso l'altro per realizzare un intervento educativo, ma è necessario possedere capacità, abilità e competenze che sono fornite e alimentate da un processo continuo di formazione e auto-formazione.


La complessità e la molteplicità degli interventi e dei contesti in cui opera l'educatore, comporta la necessità di acquisire competenze multiformi, variegate e trasversali, che fanno riferimento sia ad ambiti teorici, che metodologici-pratici. Il termine "competenza" deriva dal verbo latino cumpetere "chiedere, dirigersi a" , il che equivale ad andare insieme, mirare ad un obiettivo comune, nonché finire insieme, incontrarsi. Quando si utilizza questo termine si fa’ comunemente riferimento al possesso, da parte del soggetto, della capacità di manifestare comportamenti adeguati in situazioni differenti, di combinare attivamente e creativamente le risorse disponibili (conoscenze, capacità e attitudini) in maniera funzionale ai contesti e alle situazioni della realtà quotidiana, dunque la persone dovrà essere in grado anche di padroneggiare casi o situazioni problematiche. Non bisogna però ignorare che, all’atto pratico, la competenza trova espressione in contesti sempre mutevoli e mai uguali a se stessi. Nella pratica lavorativa il professionista utilizza oltre ad un bagaglio di conoscenze e ad una sempre più raffinata capacità procedurale, una sensibilità personale. Vi è quindi un’area che fa riferimento a dimensioni personali della persona, al suo sistema di valori, ai tratti della sua personalità.

"Il professionista è quel soggetto che non solo possiede competenze specifiche, ma è in grado di far fronte all'imprevisto, all'incertezza, alla complessità. La professionalità quindi, non è solo aderenza alle regole, ma anche interpretazione e invenzione delle stesse, ricerca continua e innovazione, capacità di problematizzare situazioni e identificare intuizioni e soluzioni perché si costruiscano repertori e pratiche di gestione dell'attività professionale. Professionalità nello stesso tempo, è sinonimo di padronanza di sé stessi, del contesto, degli altri, della situazione come capacità di essere efficiente, efficace e soprattutto inventivo e creativo, in grado di fare i conti con la complessità e di uscire dagli schemi rigidi e obsoleti".

Svolgere il ruolo di educatore significa calarsi nel processo educativo con il bagaglio di saperi necessario a comprenderlo, orientarlo ed a promuoverlo.

Quel bagaglio è fatto di competenze distintive, in quanto patrimonio specifico della professione, di competenze consolidate nel tempo e di competenze che, sia sulla base delle evoluzioni degli "scenari", che sulla base della crescita professionale, saranno da implementare o da sviluppare in futuro.


3.3.1 Le competenze consolidate
Le competenze sviluppate nel lungo processo di evoluzione dell'educatore riguardano diversi ambiti, che vanno dall'area della conoscenza di base, delle competenze metodologiche, quelle comunicativo-relazionali, quelle organizzative, fino alle competenze personali e relazionali.

Le conoscenze teoriche
comprendono sia un approfondimento delle principali scienze umane (pedagogia, antropologia, psicologia, sociologia, diritto) che un’adeguata conoscenza delle discipline medico-sanitarie, ma fanno anche riferimento alla necessità che gli educatori siano uomini e donne del loro tempo, partecipi della vita sociale e politicamente attenti. Tali discipline predispongono un'apertura mentale in grado di comprendere i processi di socializzazione e integrazione, le diverse tipologie di soggetti con cui l'educatore si troverà ad agire e i contesti circostanti.

Le competenze metodologiche
, riguardano il "saper fare", da intendersi come capacità d’azione, come abilità nell’individuare le strategie e gli strumenti più congrui alla realizzazione concreta di processi, a partire da obiettivi generali e dall’analisi delle principali caratteristiche dei protagonisti dell’evento educativo. Nella professionalità la tecnica è pur sempre intenzionale, essa acquista infatti senso e valore solo attraverso la capacità di essere congruente con il contesto a cui si riferisce.

La professione usufruisce della progettualità e della progettazione, intese come filosofia dell’agire, come metodo e strumento operativo.

La progettualità garantisce una professionalità teleologicamente orientata, la progettazione è l'atto pratico della stilazione del progetto, mentre la ricerca accompagna il continuo professionalizzarsi entro una dinamica prassi-teoria-prassi.

Ecco allora come nasce la Ricerca-Azione , fondamentale per attivare i soggetti, per produrre azioni in grado di ricercare e costruire competenze e favorire processi di cambiamento. Progettualità e ricerca devono consentire, quindi, al soggetto di generare ulteriore professionalità e permettere di mantenere alta la riflessione sulle dimensioni specifiche della professionalità pedagogica.

L' educatore professionale può essere considerato anche un "tecnico della comunicazione". Quest'area si riferisce alla capacità di veicolare un bagaglio di informazioni di varia natura, basata su una conoscenza approfondita delle dinamiche in cui l'educatore è inserito. Esso infatti, comunica con l'utenza, ma anche con le loro famiglie, con i colleghi del gruppo di lavoro, con i diversi attori sociali presenti nel territorio.

La competenza comunicativa
si riferisce perciò al concetto di "comunicazione educativa", che sostanzia quello più ampio di "relazione educativa", attraverso la quale si realizza lo sviluppo emotivo, affettivo, sociale e cognitivo degli utenti che diventano protagonisti del proprio percorso di crescita e cambiamento.

Appare quindi fondamentale che l'educatore acquisisca la capacità di predisporre un clima materiale e psicologico di rispetto, fiducia, sostegno e sicurezza reciproci, di stabilire rapporti empatici con i soggetti, di prendere in considerazione i diversi punti di vista e di coinvolgere responsabilmente l'utenza nell'individuazione dei bisogni e nella progettazione e conduzione delle attività.

L'area delle competenze organizzative poi, comprende l’amministrazione, la gestione e lo sviluppo dei servizi socio-educativi dove lavora, e l’organizzazione, pianificazione sistematica del lavoro socio-educativo. L’educatore sociale deve saper progettare e promuovere le attività ed i processi socio-educativi, così come documentarli e valutarli dal punto di vista delle finalità e dei metodi socio-educativi.

Infine, le competenze personali si riferiscono all'esperienza di vita, al vissuto personale e alla formazione dell'educatore. In esse si fondano saldamente gli aspetti motivazionali e comportamentali e le situazioni nelle quali l'esperienza si è realizzata.

La personalità complessiva dell’educatore, le sue peculiarità caratteriali, le sue virtù e le sue inclinazioni personali sono essenziali al fine dello svilupparsi di relazioni significative.

Come riportato da L. Milani (2000) le abilità personali dell'educatore portano alla costruzione di competenze trasversali, che si possono raggruppare in:

Saper apprendere: apprendere ad apprendere è l'obiettivo principale del lavoro educativo; bisogna costruire una professionalità aperta e dinamica che consenta l'attivazione di comportamenti e condotte mirate alla messa in atto di competenze di volta in volta adeguate alla situazione.

Essere una persona creativa: educare non è trasferire o riprodurre modelli, ma valorizzare, personalizzare, inventare e declinare al singolare l'atto educativo.

Saper assumere rischi: il buon esito di un progetto, di un cammino non è mai dato per scontato. È necessario che l'educatore tenga in considerazione la probabilità di poter sbagliare e di assumersi il rischio che possono comportare le sue responsabilità.

Saper tollerare le frustrazioni: è importante saper gestire i conflitti, la rabbia e il fallimento che si può verificare in ambito educativo.

Essere disponibili al cambiamento: strumento principale per condurre ogni tipo di intervento. La relazione educativa trasforma continuamente non solo il soggetto, ma anche chi opera con lui. L'indisponibilità al cambiamento rende improduttiva e inefficiente la relazione educativa, che richiede capacità di mettersi continuamente in gioco.

La competenza cardine, sempre secondo Milani L., dell'educatore professionale è la competenza pedagogica e lo strumento principale che egli ha per attuare il processo educativo è la relazione educativa.


"La competenza pedagogica si può definire come l'insieme complesso e dinamico di conoscenze, di abilità, di procedure metodologiche, di esperienze consolidate e ordinate di tipo educativo, fondate sulla riflessione e sulla teorizzazione pedagogica che connota in modo specifico la professionalità educativa e che i soggetti che operano in questo settore devono saper mettere in campo in modo personale e critico quando progettano, attuano e valutano il proprio intervento".

Essa , inoltre, si qualifica per essere costruita intorno al principio di educabilità dell'uomo e quello di relazione come condizione per la promozione, lo sviluppo e il cambiamento. La competenza pedagogica si fonda e si muove secondo la prospettiva della globalità; qualsiasi evento educativo infatti si realizza come un organico e complesso insieme di elementi o di variabili tra loro in stretta connessione. La globalità consente di operare educativamente evitando parzialità che non tengono conto della complessità intrinseca e costitutiva del fatto educativo e, soprattutto, permette l’apertura verso altri punti di vista e verso altre professionalità.

Appartengono alla competenza pedagogica la capacità di comunicare e l’orientamento metodologico per cui la persona stessa dell’educatore professionale rappresenta uno dei fattori educativi rilevanti. Acquistano in tal modo notevole importanza la concretezza e la continuità della relazione educatore-educando. E’ possibile quindi ritenere la competenza pedagogica ciò che insieme qualifica e distingue l’educatore professionale. Possiamo e dobbiamo considerare il soggetto dell’educazione sempre in qualità di singolo, sempre un’eccezione che non può diventare regola, nel  riconoscimento della specificità della persona umana. La particolarità della competenza pedagogica è la progettualità educativa, l’elaborazione di un percorso intenzionale in cui il soggetto in formazione prende forma. L’evento educativo è nello scambio reciproco, "relazione" e "cura". La cura è intesa come atteggiamento di premura, attesa, gratuità; cura è farsi carico dell'altro e accompagnarlo lungo il cammino di cambiamento. L'educatore deve essere consapevole che le capacità e le risorse del soggetto non si sviluppano se non esiste qualcuno che si prenda cura di lui.

Lo strumento essenziale dell'educatore è la relazione educativa: la costruzione di un rapporto significativo con l'utente è fondamentale, dal momento che ogni maturazione, ogni cambiamento è impossibile se non vi è il coinvolgimento diretto con l'utenza. La relazione educativa si differenzia dalle altre relazioni, in quanto persegue l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e la crescita di un cambiamento mirato e quanto più consono alle prospettive dell'utente. Per questo è importante che sia dotata di intenzionalità, per far in modo che l'intervento sia finalizzato ad uno specifico obiettivo e non improvvisato. L'educatore dev'essere in grado di osservare, ascoltare, percepire, nel senso di avvertire gli stimoli della realtà esterna, captare anche i minimi particolari e i segnali di un soggetto che possono essere fondamentali alla costruzione di una buona relazione. Deve adottare strategie d'intervento, sempre soggette a verifiche e valutazioni in itinere, prendere in considerazione i diversi mondi in cui è coinvolto l'individuo e inserirsi lui stesso nella relazione per comprendere a fondo le dinamiche di quell'intervento, ma nello stesso tempo, saper trovare un giusto equilibrio tra coinvolgimento e distacco.

Questo è uno dei punti cruciali della professione: non ci si può lasciar prendere troppo dalle situazioni vissute dall'utente e non si può nemmeno distaccarsene eccessivamente, altrimenti si corre il rischio di attuare un progetto distaccato, immotivato, disinteressato e fine a sé stesso.

Il mantenimento di questo equilibrio è un'impresa ardua perché mette in campo aspetti personali dell'operatore, che attengono alla sua emotività e affettività. Infatti, l'affrontare quotidianamente relazioni empatiche, di aiuto e spesso di sofferenza con l'utenza mette in primo piano anche l'interiorità, le debolezze e il vissuto dell'educatore stesso.

Attraverso questa relazione l'educatore instaura una comunicazione che comprende la globalità della persona, promuovendo nel soggetto l'autonomia, e dove non è possibile, il mantenimento di una qualità di vita dignitosa, la costruzione dell'identità e lo sviluppo della personalità, favorendo cambiamenti e tenendo in considerazione risorse e potenzialità e poi limiti e difficoltà di ognuno. Ciò attraverso la difesa delle risorse già consolidate e recupero delle potenzialità residue di ogni individuo, e con azioni pensate, progettate, valutate e documentate, sempre tenendo conto della storia di vita e del contesto socio-ambientale in cui esso è inserito.

In sostanza possiamo affermare che la finalità generale degli educatori è il cambiamento: "Lavorare per il cambiamento e non limitarsi all'assistenza, anche nella concretezza, significa modificare gli equilibri, le identità fragili: ad esempio non solo utilizzare le risorse pubbliche disponibili per supportare una famiglia in difficoltà lasciando immutate le dinamiche familiari e sociali di questa, ma attivare e progettare un utilizzo delle risorse specificamente indirizzato a comprendere le dinamiche problematiche della stessa e modificarle, per attuare un cambiamento all'interno, per promuovere autonomia e far in modo che la famiglia riesca a ritrovare un suo equilibrio e una sua stabilità" (O.Gardella;F. Angeli).

Ovviamente è un processo, questo, lungo e faticoso, ma è questo che dovrebbe essere il lavoro sociale. Quando si parla di cambiamento, si parla innanzitutto di cambiamento della propria visione, percezione e lettura di sé stessi, e poi, anche delle condizioni di vita.

Come afferma Demetrio D.: "l'educazione è la scienza del cambiamento, poiché esso è intenzionale da parte dell'educatore e non solo percepito, ma spesso ricercato da parte del soggetto".

Il soggetto può scegliere di attuare il cambiamento per desiderio o per convenienza, ma sempre deve avvenire una ripartizione delle responsabilità che lo veda attivo e creativo, malgrado tutte le possibili resistenze che egli frappone tra sé, questo processo e chi lo conduce.

Ancora Demetrio: "il cambiamento è fondamentalmente portatore di un dislivello, di uno scarto tra prima e dopo, tra un lasciarsi alle spalle e un guardare avanti, tra una fine e un inizio, tra una perdita e una conquista, tra un abbandono e un incontro, (…) tutto ciò chiama in causa sia la natura critica e conflittuale , sia l'efficacia riconciliativa e riparatoria del cambiamento". L'educatore in questo senso deve aspettarsi e saper affrontare momenti di crisi, di rifiuto e regresso da parte del soggetto.

E' fondamentale lasciare spazio all'errore, perché proprio l'errore differenzia i percorsi, li personalizza, li cambia e li migliora: nella sua imperfezione l'errore è ciò che testimonia la costante ricerca e creatività delle infinite possibilità, propria del lavoro educativo, e richiede coraggio, perché solo chi accetta di sbagliare accetta il rischio connesso al cambiamento ed è disposto ad apprendere.

"Tollerare l'incertezza, esplorare lo spazio aperto del possibile, della sospensione del giudizio, procedere in territori ancora sconosciuti, sono caratteristiche proprie dell'educatore, che non può accontentarsi di interpretare il ruolo dell'accompagnatore, dell'intrattenitore, del ‘bravo ragazzo,disponibile’, che ancora in tanti servizi viene richiesto il futuro per la figura educativa, pena il rischio di appiattire la professionalità in mero ruolo esecutivo, può realizzarsi nel giocare la scommessa di muoversi in territori incerti e di sostenere l'ambivalenza del possibile e del non compiuto (...)".

Come sostiene ancora L. Milani (2000), queste prospettive permettono di sintetizzare alcune competenze pedagogiche consolidate nel tempo dall'educatore professionale:

Saper gestire la complessità: gestire la complessità implica la padronanza di strumenti culturali in grado di cogliere, al di là delle apparenze, la rete di relazioni, situazioni e problematicità che sempre accompagnano l'evento educativo.

Sapersi confrontare con i sistemi di significato: è necessaria la capacità di leggere e interpretare il sistema e il contesto educativo in cui l'educatore opera, l'insieme dei valori appartenenti al quel soggetto in quella determinata cultura e con il suo bagaglio di conoscenze ed esperienze.

Saper interpretare i bisogni educativi: il compito è quello di promuovere l'educabilità, e pertanto, individuare i bisogni educativi e formativi del soggetto in questione. L'attività dell'educatore è incentrata sul futuro della persona, sulle potenzialità da sviluppare sulle quali egli scommette ed elabora un progetto attento all'unicità e alla globalità della persona. Saper interpretare i bisogni educativi significa anche saper cogliere le domande latenti, non espresse, spesso più autentiche di quelle manifeste.

Saper osservare, ascoltare e indagare: saper osservare e ascoltare costituiscono le premesse di ogni relazione educativa. L’osservazione è un atto di percezione, quindi, un atto selettivo di raccolta, di decodifica e di ricostruzione dei dati. Bisogna tenere in considerazione che non esiste un'osservazione pura, in quanto sempre condizionata dalle nostre vedute. L'ascolto è una fase altre sì importante nella relazione, perchè permette di comprendere realmente ciò che l’altro sta dicendo, mettendo in luce i suoi punti di forza e le sue debolezze. Infine, saper indagare, come metodologia della ricerca, che consente di affrontare e gestire la complessità e la problematicità della realtà e del processo educativo stesso.

Lavorare in gruppo, con altri professionisti e in rete: il lavoro d'équipe e quello in rete costituisce la prassi di ogni lavoro educativo. Lavorare in gruppo significa saper collaborare, affrontare un dibattito, un confronto, essere capaci di dialogare con altre professionalità e diversi linguaggi, capacità di socializzazione e scambio reciproco. Questo è un importante punto di partenza per lo sviluppo di un progetto completo e concreto.

Essere buoni comunicatori: nella relazione educativa ciò che conta è la volontà da parte dei diversi attori di costruire un legame; la comunicazione è lo strumento che favorisce questo legame. Parlare all’utente non vuol dire limitarsi ad usare un proprio linguaggio per esprimere i contenuti, ma vuol dire saper usare un linguaggio comprensibile e questo implica la necessità per l'educatore di conoscere e saper utilizzare diversi linguaggi, da quelli verbali a quelli non verbali, con cui l’ educando, in base all’età, al livello di maturazione e cultura, può esprimersi. In modo particolare l’educatore sa leggere il linguaggio non verbale dell’utente, ma sa anche gestire il proprio poiché è soprattutto attraverso questo che invia messaggi non espliciti, ma ugualmente rilevanti.

Gestire la diversità: l'educatore agisce nella diversità, per questo è importante che sappia accoglierla, di modo che ognuno possa esprimersi nella sua libertà, che sappia riconoscerla e promuoverla, per assicurare dignità alla diversità di ognuno, che sappia relazionarsi, crescere e rispondere alla diversità. Perché la diversità deve essere assunta come fulcro di ogni azione educativa, in quanto realtà da esplorare, risorsa per il singolo e il gruppo.

Saper progettare: progettare significa guardare al futuro, inventare nuove prospettive e fa riferimento all’intenzione di impostare ogni attività educativa in concreto.


3.3.2 Le competenze da implementare

Lavorare con singole persone o con gruppi, coordinare e progettare interventi, sviluppare reti o imprese sociali, sostenere lo sviluppo delle comunità locali o i processi formativi dei nuovi educatori, prestare consulenza ad équipe e progetti educativi sono diventati i nuovi confini del lavoro educativo.

La professione nata sulla dimensione del prendersi cura si sta via via trasformando per giungere a nuovi orizzonti. Il prendersi cura diventa una modalità di approccio alle situazioni, non solo alle persone, è il porre attenzione a quel contesto, l'avere cura di quella determinata situazione o di una molteplicità di situazioni. È possibile prendersi cura altre sì del funzionamento dei processi, della connessione fra sistemi, della costruzione di reti, della gestione e verifica delle attività, delle strategie di progettazione e di tutte le modalità operative. "Pensare all'educatore in questi termini significa immaginare un professionista in continuo divenire e che non solo spende il proprio ruolo circoscritto all'interno di un servizio, ma si garantisce spazi di riflessione e di confronto" .

Il passaggio è avvenuto dal prendersi cura dei singoli soggetti in difficoltà al prendersi cura dell'intero gruppo, dei servizi, del territorio, delle comunità fino al prendersi cura degli altri educatori.

In questi ultimi anni le richieste di funzioni educative sono andate sempre più radicandosi nel complesso panorama dei servizi socio-sanitari e assistenziali. L'esperienza condotta nei servizi, la formazione e i processi di riqualificazione hanno portato gli educatori ad avere un mercato e conseguentemente in base a questo ad avere richieste sempre più specifiche riguardo le proprie competenze e funzioni. Il processo di aziendalizzazione che è avvenuto in questi anni nel settore del sociale, ha rinnovato l'attenzione da un lato attorno al contesto organizzativo e alla ricerca di modelli di sviluppo ideali di funzionamento, dall'altro nei confronti degli operatori dei servizi, del loro essere parte di quell'organizzazione e delle loro competenze. Una professione duttile, che cammina di pari passo con il consolidamento del sapere teorico e metodologico.

Una professione che, a differenza di altre più affermate, ha saputo ristrutturare il proprio lavoro senza perdere di vista la propria identità. A partire dai cambiamenti in atto in quest’inizio di millennio i professionisti hanno colto l’occasione per rifondare e riqualificare la cultura professionale esistente, arricchendola e consolidandola. L’educatore ha dimostrato una grande capacità di adattamento ai bisogni dei soggetti dei quali si occupa ed alle richieste del contesto sociale nel quale essi sono inseriti. Questa abilità nella lettura del bisogno e nella mediazione è stata accompagnata dalla capacità dell’educatore di decidere del proprio destino professionale senza attendere che fosse il mercato del lavoro a farlo. Ogni cambiamento sociale è stato una sfida per la professione, ed ancora oggi, in assenza di una regolamentazione, l’autonomia professionale dell’educatore sembra essere affidata alle capacità personali di esporsi ai rischi delle novità. Alcuni educatori hanno interpretato infatti le evoluzioni sociali, culturali, politico e legislative in atto come motivanti possibilità di apprendimento professionale. Questi operatori non si sono quindi limitati a rispondere in modo efficiente ed efficace alle modifiche ambientali, ma hanno allargato il patrimonio dei contenuti dando di fatto avvio ad un processo di revisione della professione.


 

 
Tale processo è destinato a proseguire. Da un lato, perché la realtà sociale, politica, culturale porterà sempre nuovi bisogni e nuove situazioni su cui occorrerà intervenire; dall’altro perché è nella natura stessa dell’educatore, e delle organizzazioni in cui opera, la tensione verso la ricerca, la disposizione all’indagine, all’esplorazione di percorsi possibili.

Se questo atteggiamento è riscontrabile in molti educatori, e globalmente nella figura stessa, è possibile riprendere il cammino provando ad evidenziare i futuri approdi possibili e lo sviluppo delle competenze emergenti. L'identità dell'educatore è un’identità in divenire, costruita attraverso percorsi complessi e non lineari, infatti il punto di forza della professione è proprio saper operare nei territori di "frontiera", là dove poco può essere rigidamente standardizzato. La connotazione di questo processo appare caratterizzata dalla capacità dell’educatore di prendersi cura della professione e di saper divenire senza snaturare la propria professionalità ma affiancando i tempi nel loro cambiamento.

Se in passato il mandato lavorativo era connesso alla relazione duale con l’utente, oggi si è giunti alla consapevolezza della nodale importanza del territorio e delle istanze di cui è portavoce. All’interno di questa logica evolutiva è avvenuto il passaggio verso una concezione più olistica del lavoro educativo che si è concretizzata nel lavoro di rete o lavoro di comunità. Questa nuova modalità operativa pone nel territorio e nella comunità locale le dimensioni entro cui collocare ogni intervento educativo, ovviando qualsiasi pratica autoreferenziale.

Gli educatori si sono trovati a lavorare, dialogare, costruire processi di cambiamento con i cittadini, con gli amministratori pubblici, con professionisti di altri servizi, con interlocutori del privato sociale, al di fuori delle istituzioni. Hanno così dovuto ricostruire i riferimenti teorici, ricollocandosi nella rete e nelle relazioni implementando le pregresse competenze. Mediazione e contrattazione, per esempio, costituiscono competenze connaturate nella professionalità educativa, entrambe appartengono all’educatore quali capacità ineludibili nella relazione con l’utenza. In questo contesto, è necessario saper utilizzare le competenze riferite all’osservazione, analisi, integrazione, cooperazione e valorizzazione delle risorse.

L’équipe non è più l’unico luogo di progettazione condivisa: bisogna essere capaci di lavorare integrando i contributi di altri soggetti appartenenti a servizi diversi, con culture, metodologie, mandati e risorse tra loro eterogenei. Il lavoro dell’educatore vede lo spostamento anche in altre direzioni attraverso le quali reinterpretare e ampliare le competenze pregresse. Si parla dunque di "saper progettare insieme".

Si compie infatti un passaggio dalla progettazione educativa, al progettare e realizzare interventi integrati con altri soggetti.

Anche la capacità progettuale, intesa come saper pensare in modo intenzionale e strategico, diventa oggetto di implementazione seppur mantenendosi all’interno della specificità dei compiti dell’educatore.

Il lavoro progettuale è l’esito di un processo comunicativo che vede interlocutori tra loro diversi collaborare per il raggiungimento di un obiettivo e la realizzazione di un intervento.

La capacità di curare la comunicazione ed i suoi processi è competenza intrinseca alla professione stessa ed è spendibile in ambiti quali la progettazione integrata con organizzazioni e istituzioni con mandati sociali e mission diverse. Le nuove consapevolezze circa il proprio agire professionale hanno condotto l’educatore a sviluppare la competenza progettuale in una direzione dialogica.

Progettare dialogicamente significa costruire con l’utenza dei percorsi, porsi in una posizione di dialogo ed ascolto. In questo caso l’educatore non è chiamato a produrre risposte quanto piuttosto ad attivare un processo comunicativo nel quale è cruciale il significato che i diversi attori coinvolti ne danno. La capacità di superare i confini dei servizi ha condotto, in tempi recenti, gli educatori a ricoprire ruoli di coordinamento, gestionali, organizzativi in cui è necessaria una professionalità forte, orientata sempre e comunque dalla riflessione sul proprio fare.

In queste nuove dimensioni paiono presenti alcuni elementi di criticità che rischiano di snaturare l’identità e l’essenza dell’educatore in forme standardizzate a volte troppo rigide e semplificatorie delle pratiche del lavoro sociale e di quello educativo, perdendo di vista la sostanza del lavoro quotidiano.

Il rischio prospettato è quello di un educatore burocrate, che privilegi il contenitore organizzazione-efficienza- economicità al contenuto persone-bisogni- efficacia.

"La strada indicata, per tentare
di far fronte a questi pericoli, sembra essere quella di percorrere e occupare una sorta di terra di mezzo: tra livello politico-organizzativo e livello operativo, tra operatori e altri operatori, tra operatori e utenti. Comunque una posizione che consenta di stare dentro le situazioni e non sopra o ai margini, in modo da monitorare e alimentare l’interazione tra teoria e prassi, alla ricerca di modelli e strategie innovative e adeguate ai nuovi bisogni".

L'educatore, quindi, dovrà essere particolarmente competente in:

Utilizzare nuove forme comunicative: i mutamenti sociali in atto, provocati e sorretti anche dall’introduzione e utilizzo delle nuove tecnologie, stanno cambiando profondamente i nostri stili di vita e dunque rappresentano un nuovo ambito entro cui l’intervento educativo si trova ad agire. Si tratta anche in questo caso di imparare ad utilizzare queste nuove tecnologie in modo creativo e di saper interagire con esse come nuovo strumento per entrare in relazione con il soggetto.

Lavorare in molteplici luoghi: spesso in questo contesto lavorativo l’educatore si trova a ricoprire diversi ruoli in diversi luoghi ; ciò significa che in molti casi si trova a rivestire le proprie risorse in maniera diversificata e meno totalizzante: diversi tipi di utenza, diversi assetti lavorativi, diversi strumenti e metodologie. Se da un lato ciò richiede più energie rivolte al versante organizzativo, dall’altro è segno di visibilità per la professione (alcuni educatori sono liberi professionisti) e rappresenta un valore aggiunto all’interno dei diversi contesti d’azione.


Essere ricercatori: l'educatore deve agire con un costante occhio critico e ricercatore all'interno della sua realtà, nel contesto socio-culturale e politico-organizzativo in cui opera, al fine di ridimensionare di volta in volta la sua professione e le sue competenze, conoscere e ricercare nuovi strumenti per far fronte alle diverse situazioni e al cambiamento.

A termine di questo viaggio attraverso il modo delle competenze, possiamo affermare che non si possono definire a priori il ruolo e le funzioni dell’educatore professionale, in quanto si modificano e si rinnovano di pari passo con i mutamenti sociali.

Questo però non nega la possibilità di tracciare linee guida e avere bene chiare le funzioni che deve svolgere nel suo lavoro, al fine di attuare un processo di riconoscimento e auto-riconoscimento e uno sviluppo sempre maggiore della professione.

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