martedì 27 dicembre 2011

Buone feste

I bloger di Educatori in (educ)azione vi augurano buone feste e vi danno appuntamento al 9 gennaio 2012!

Abbiamo in serbo per voi molte novità...quindi appuntamento all'anno nuovo!

mercoledì 21 dicembre 2011

Riflessione di Silvia Lo Sardo


INSIEME PER UN CAMMINO DI RIAPPROPRIAZIONE DEI DIRITTI E DELLA PARTECIPAZIONE ATTRAVERSO LA VOLONTA’ A DETERMINARE LE NOSTRE SORTI PROFESSIONALI DI OPERATORI SOCIALI E QUELLE DELLE PERSONE CHE ACCOMPAGNIAMO/SOSTENIAMO NELLE LORO DIFFICOLTA’ E SOFFERENZE.

Vorrei rivolgermi prima a chi si è ritirato da ogni tavolo di lavoro, da ogni confronto, da ogni formazione. Vorrei chiedere a questi miei colleghi: cosa si guadagna dall’azione del ritiro? O al contrario dall’azione di fare azioni di protesta “aggressiva”? Forse poter dire che tutto “fa schifo”, che i politici sono tutti uguali e corrotti, che non c’è speranza né via di uscita e non per colpa nostra: siamo solo dei poveri operatori sociali! Non è reale.
Di fatto ci tiriamo fuori o rinunciamo alla nostra identità professionale e non ci prendiamo la responsabilità del nostro lavoro e della nostra vita. A questo ci serve stare in ritirata, o al contrario in battaglia, in entrambi i casi comunque si dice:”è colpa degli altri, non dipende da me” quindi mi ritiro o quindi ti attacco. E’, dal mio punto di vista invece vitale per tutti noi prenderci la responsabilità di trovare una risposta ai nostri problemi quotidiani, avere chiaro qual è il metodo che ci orienta nelle scelte, costruire occasioni di confronto e crescita e scegliere quindi un pensiero comune che ci rappresenti.
Occorre più che mai mettere a frutto “l’abilità della risposta” che tutti possediamo, rispondere di ciò che sta accadendo anche individualmente, annullando appartenenze culturalmente radicate in contesti troppo condizionati e manipolati.
Per non renderci complici di un sistema che sentiamo lontano da noi possiamo individuare un metodo per fare la nostra scelta. Abbiamo tutti gli strumenti che ci derivano proprio dal nostro lavoro.
Un metodo coerente con la nostra coscienza, con poche regole chiare, che abbia come riferimento valoriale il rispetto reciproco e i diritti/doveri civili per porre giusti confini; il rispetto della Costituzione italiana, nel suo art. 3 in particolare dove si afferma l’idea di un’eguaglianza sostanziale e attribuisce alla Repubblica “il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Possiamo diventare esigenti se diamo il nostro contributo. Altrimenti siamo solo capricciosi: ognuno per sé con le proprie appartenenze e con le proprie ideologie senza poterci mai mettere d’accordo e crescere come comunità. Il metodo invece che si rivela una strada percorribile è quello dell’uomo, è antropologico, riguarda cioè noi tutti con quello di cui abbiamo bisogno davvero e che ci accomuna come esseri umani. Individuare cos’è giusto e cosa sbagliato nel rispetto reciproco vuol dire poter poggiare i piedi per terra, starci, e sapere poi dove andare insieme con forza vitale positiva.
Vuol dire la possibilità di darci strumenti utili per essere parte attiva della società in cui viviamo.
Se identifichiamo valori in cui tutti possiamo riconoscerci, sarà più semplice trovare regole e norme utili e buone per noi.
Cosa possiamo fare concretamente per andare in questa direzione?
  • Possiamo non paralizzarci (anche di fronte ai fatti di sabato 16 ottobre 2011 a Roma) e ritrovarci per costruire (scegliamo una situazione dove poterci essere o mandare un rappresentante) non solo in casa propria;
  • Possiamo cominciare ad esplicitare chi non sosterremo o voteremo più dandoci delle regole di senso come: 
  1. chi non si prende la responsabilità (il vorrei ma non posso … si è sempre fatto così …)
  2. chi segue come un cieco una ideologia, il proprio leader, religione, partito; rinunciando al necessario esame di realtà e ad un atteggiamento dinamico in direzione del bene comune; 
  3. chi dice bugie (lo possiamo comprendere chiaramente); 
  4. chi prospetta panorami pericolosi in quanto diversi dai propri; 
  5. chi ci vuole spaventare non con fatti ma con fantasmi; 
  6. chi insulta o denigra l’avversario; 
  7. chi non risponde in modo chiaro e concreto alle domande; 
  8. chi non è puntuale a rispondere degli impegni assunti; 
  9. chi risponde alle domande dicendo che anche qualcun altro aveva fatto lo stesso; 
  10. chi “affonda” le donne e gli uomini con battute maschiliste, misogine, distruttive per la persona; 
  11. chi abitualmente pratica la doppia morale; 
  12. chi non tiene conto, prima di ogni altra cosa, dei bisogni veri degli esseri umani (la possibilità di crescere e realizzarsi attraverso il diritto alla vita, alla salute, alla casa, al lavoro, allo studio, all’istruzione). 
E’ possibile trovare uno spazio comune di intesa con altri esseri umani e poi perseguire insieme un cammino civile all’interno del quale ognuno è diverso ma unico e nessuno è speciale. Cosa impedisce la nostra coesione, quella di tutte le realtà cittadine almeno, e la partecipazione comune alla costruzione di un futuro? Vedo un po’ di movimento “in città” ma lo sento anche di contrapposizione e di pretesa, qualche volta senza radici. Personalmente avrei bisogno di qualcosa di diverso. Il discorso è lungo ma non credo nella strada della protesta. La protesta dal mio punto di vista è efficace se ci sono i presupposti di un’autodefinizione personale e professionale (prima devo sapere chiaramente dove sono io). Gli operatori sociali non ce l’hanno e non per responsabilità totale di esterni.
La tentazione infantile di non voler vedere e non voler sentire la realtà attuale di profondo degrado è dilagante ma c’è resistenza anche fra gli operatori sociali a lavorare in modo serio e determinato per arginarla davvero.
I problemi possiamo risolverceli solo noi prendendoci in prima persona la responsabilità di costruirci in gruppi di lavoro (non solo all’interno delle nostre realtà) “mischiandoci” e scegliendo rappresentanti che in modo evidentemente onesto, pongano regole chiare per il bene comune rispettandole.
Abbandoniamo la pretesa che qualcun altro ci dovrà “salvare”. Peraltro nessuno ci salverà, nessuno ci risolverà i problemi con nessun partito e nessun movimento se non ci muoviamo per primi noi, individualmente, in modo costruttivo e responsabile.
E’ un atteggiamento maturo accettare il limite umano; si può essere intelligenti, geniali, unici ma tutti limitati e fragili, tutti ci confrontiamo in ugual modo con la vita e la morte, con debolezze personali e ognuno costruisce, si protegge e/o si difende da queste in modo diverso.
Per intenderci, non esistono uomini che possono essere felici perché possiedono molte case e molte donne. Non sta nei bisogni veri di un uomo adulto. Noi, grazie al nostro lavoro questo lo sappiamo, ne abbiamo esperienza. Non è poco. Uomini così sanno come ottenere il successo e il potere ma non hanno sviluppato alcuna competenza su come poter stare nella dignità umana e dunque nella gioia e nel senso profondo della vita. Cosa possono realisticamente fare questo genere di uomini per noi? Nulla.
Quel che ci possono offrire non ci serve davvero, non possono essere loro il nostro riferimento. Senz’altro ci sono moltissime persone ormai che, vicine ad un illusorio benessere, ne traggono benefici economici e che non hanno alcuna intenzione di “mollare l’osso”, persone che non vivono nella vita ma nella sua immagine, che qualche chilo in più l’han messo su a causa dei troppi privilegi e della “pesantezza” del potere e stanno “ingrassando” all’ombra di questo sole malato loro e purtroppo anche i loro figli, producendo talvolta dolore anche estremo, all’interno delle loro stesse famiglie.
Purtroppo questo non è buono per nessuno.
Noi che la vita la vogliamo vivere davvero, siamo molto più che moltissimi: è realtà.
Mi rivolgo dunque anche a quanti invece hanno deciso di impegnarsi in prima linea, ho ricevuto in questi giorni tante sollecitazioni, negli incontri dell’associazione culturale Differentità nascono idee meravigliose che in questo periodo vediamo poi girare in rete anche da altri: c’è fermento, sarebbe utile e buono utilizzarlo bene.
Ho letto quanto scrivono gli operatori sociali “non dormienti” e anche tutte le iniziative formative di Gruppo Abele, Sermig, e tanti altri, tutti impegnati a dire niente frammentazione, tutti uniti e costruzione.
Di fatto però quel che vedo non è coerente a tali intenti. Certo il mettere insieme non è facile ma viviamo a Torino. Torino è storicamente “sociale”, è la città di storici educatori,di santi educatori. E’ la città oggi di Don Ciotti, Ernesto Olivero, Don Sergio Messina e di tanti altri che portano con sé comunità vive, impegnate, appassionate, coraggiose.
Circa 5 anni fa, altra personalità di Torino, Massimo Gramellini, aveva scritto nel suo BUONGIORNO:

"Le rivoluzioni politiche annegano gli ideali nell’aceto del compromesso e dell’ambizione. Sono le rivoluzioni spirituali a produrre esiti più interessanti. Ma di quelle ne arriva in media una ogni duemila anni. Chissà, magari fra un po’ ci siamo di nuovo"

Allora io dico che ci siamo, io credo che la rivoluzione spirituale può partire dalla Torino ricca di cultura, volontariato, operatori sociali, educatori professionali, categorie che tutti i giorni “fanno politica” nella sua accezione di servizio per la comunità, nel qui ed ora, nella quotidiana vita reale della gente comune.
Realizzare un incontro organizzativo (mettiamo sul tavolo le risorse di: università, confederazioni, leghe, ANEP, associazioni, cooperative grandi e piccole, ente pubblico e quant’altro) con la partecipazione di tutte le parti sociali della città, lasciando andare individualismi e interessi di parte, potrebbe costituire un vantaggio e un progresso per tutti.
Personalmente e con la cooperativa cui appartengo e come “operatori del sociale” ci siamo messi in gioco in un appuntamento annuale formativo, da 5 anni ormai, per la costruzione di una sempre maggiore dignità di categoria e per darci la possibilità di poter essere più incisivi nella nostra società (quello di quest’anno: la quinta giornata degli educatori professionali, sarà il prossimo 27 e 28 ottobre). Ora però è il tempo di “passare parola”, di “mettere insieme” le forze di tutti, l’occasione se si vuole, l’abbiamo, anzi ce ne sono tante.
Mi ricorda Mauro Piccinelli che la famosa "marcia del sale", che portò Gandhi a liberare l'India dal giogo inglese, cominciò con 79 (settantanove!!!) persone... Credo, come lui, che a radunare 79 persone potremmo anche farcela
La voce del sociale a Torino è significativa e reale, fortemente radicata nel territorio e nel suo tempo, è una voce che lavora per l’integrazione e per un futuro dignitoso per ogni essere umano. Penso che quest’ultimo costituisca un obiettivo di primario interesse per tutti.
Diceva una canzone “libertà è partecipazione” …
Silvia Lo Sardo

Torino, 17 ottobre 2011

lunedì 19 dicembre 2011

"Cicatrici e guarigioni", interrogativi sullo spettacolo di chiusura della rassegna Civilmente

Nella società d’oggi, in cui troppo spesso la violenza è l’unica risposta alle offese e il perdono appare comunemente impossibile, è ancora possibile pensabile la mediazione tra autori di reato e vittime degli stessi?

È questo l’interrogativo al centro dell’esperimento, come da loro è stato definito, condotto da C.A.S.T. e da alcuni ospiti della Casa Circondariale “Lorusso e Cotugno” di Torino. Questo lavoro, presentato a scuole e pubblico ma con l’obiettivo successivo di favorire incontri e riflessioni tra vere vittime e rei, è stato presentato ad un pubblico numeroso ed interessato all’interno della rassegna “Civilmente”, promossa anche dal nostro corso di laurea.

Lo spettacolo è composto dalla ricostruzione di un reale furto di un orologio d’oro partendo dal punto di vista della vittima, in questo caso un’attrice, con il significato che per lei aveva questo oggetto e le emozioni provocate dalla perdita dello stesso: Successivamente il dialogo si sviluppa tra la vittima e alcuni rei (simbolicamente rappresentanti l’autore del reato), riflettendo sulle motivazioni che possono indurre a commettere un reato. Un terzo momento infine prevede il coinvolgimento del pubblico con un vero e proprio dialogo a tre tra rei, vittime e persone esterne.

Abbiamo raccolto i commenti di alcuni presenti:

Commento di Fabrizio:
Riguardo alla serata dell'altra sera, posso solo esprimere soddisfazione per un evento fuori dal comune, che ha ribaltato in sostanza i "piani" di partenza. E' per definizione il luogo chiuso (il carcere) che si è aperto alla società esterna (noi spettatori) non solo presentandoci i luoghi del penitenziario, ma facendoci interagire con gli attori (nella vita e nello spettacolo) della vita carceraria. Ho trovato particolarmente stimolante la discussione che ha seguito la rappresentazione: discussione in "real time", in presa diretta, gestita magistralmente dagli attori, che in questa esperienza hanno davvero incarnato la figura dell'educatore mediatore dei conflitti di vita. Certo l'argomento non era facile, l'incontro tra vittima e autore del reato, ma è stato arricchente ragionare sul tema non solo nei termini dei ruoli ricoperti dalle singole figure presenti nella storia, quanto piuttosto sospendere momentaneamente il giudizio e riscoprire la persona nella sua intimità, sia essa vittima o carnefice.

Commento di Elisa:
Tentativo interessante ed originale di affrontare una tematica quanto mai attuale: quella della mediazione e dialogo tra vittime e rei. Il dialogo finale con il pubblico è stata una fonte di profondi spunti di riflessione. Spero che il bel progetto di C.A.S.T. e della casa circondariale possa proseguire con successo.

Commento di Diego:

L’incontro tra autore e vittima di reato può avvenire solo se preceduto da incontri tra autore e vittima di reato con figure professionali che preparino e valutino la situazione. Il teatro può essere un mezzo per sensibilizzare sia le persone che vivono in carcere sia il pubblico.

Commento di Elisa:
Scena quasi spoglia, delle sedie e una cupola… così si è presentato ai nostri occhi il palco su cui sono saliti gli attori di questo spettacolo teatrale. Una scena fatta di cose essenziali (in un luogo considerato “chiuso”) per qualsiasi persona, anche per la vittima o l’autore di un reato. Chi lo dice che l’autore di un reato e la sua vittima un giorno non si sono sedute sulla stessa sedia in un teatro, in un bar, su un treno, sul pullman? Cosa accadrebbe se si incontrassero dopo che uno è diventato la vittima e l’altro l’autore di un reato? Domanda a cui è difficile rispondere però penso che sia possibile che tutto ciò avvenga, ma prima dell’incontro vi è la necessità per tutti e 2 gli attori di un percorso personale… un percorso che chiederà sacrifici, che forse troverà oscacoli, che potrebbe anche fallire… oppure un percorso che, senza troppa fretta, potrà portare all’incontro tra i 2 soggetti… in questo incontro non dovrà essere sottovalutato nulla, perché la minima cosa potrà far traboccare il vaso. Il luogo dell’incontro penso sia un elemento essenziale a cui i professionisti ( educatori, psicologi,…) devono pensare insieme.

venerdì 16 dicembre 2011

ANOTHER BRICK IN THE WALL

Cari lettori, quest'oggi vi proponiamo il video "Another brick in the wall", successo dei Pink Floyd del 1979, dal testo provocatorio e che suscita innumerevoli riflessioni.

We don’t need no education.
We don’t need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teacher, leave those kids alone.
Hey, Teacher, leave those kids alone!
All in all it’s just another brick in the wall.
All in all you’re just another brick in the wall.

mercoledì 14 dicembre 2011

Articolo di cronaca

Oggi vi proponiamo un articolo per riflettere a proposito della ragazzina che qualche giorno fa ha denunciato di essere stata violentata da due rom a Torino.

http://www.michelamurgia.com/di-diritti/generi/torinoburning-inventarsi-il-mostro

lunedì 12 dicembre 2011

Gita al museo con i bambini disabili

Oggi vi proponiamo un articolo di qualche mese fa a proposito di una bella iniziativa ideata dall'Associazione Baby-Xitter di Torino.
Un modo per farvi conoscere una delle tante "facce" dell'educatore.

http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/426633/



venerdì 9 dicembre 2011

La rivoluzione silenziosa

L'Islanda ha risposto alla crisi riscrivendo la propria Costituzione e nazionalizzando le banche, con un esercizio di democrazia diretta. Ciò mostra che, quando il popolo è veramente sovrano, certe scelte sono praticabili. L'alternativa c'è.

giovedì 8 dicembre 2011

Mail di solidarietà

Oggi vi proponiamo una mail di solidarietà alla nostra causa:

"Oggetto: solidarietà politica
Caro professore, ho saputo della nuova grave situazione che azzera esperienze importanti di ricerca e sperimentazione nella didattica e nella ricerca nell'area del sociale: non c'è da stupirsi perchè da anni abbiamo iniziato una china che cancella quanto di buono si è storicamente fatto in questi 30 anni, ora siamo in molti ad indignarci, questo non vuol ancora dire che riusciremo a farcela, ma intanto ci siamo.
Con profonda stima, 
Giovanna Bodrato"

lunedì 5 dicembre 2011

Perchè ci interessa

Una piccola riflessione per iniziare con il piede giusto la settimana!
E.F.

Perché ci  interessa, o ci dovrebbe interessare   
I futuri educatori professionali e i loro docenti si sono uniti in questi ultimi mesi per protestare contro i tagli che la Regione ha fatto alla loro formazione,  che rischiano di compromettere la loro professionalità e preparazione per il mondo del lavoro sociale.
Perché questa protesta dovrebbe interessarci? Non tutti siamo educatori, non tutti li conosciamo o ci abbiamo a che fare.. è poi così vero?

Gli educatori professionali:
- aiutano i ragazzi provenienti da famiglie difficili o da contesti problematici a realizzare il loro futuro;
- assistono le mamme con bambini a vivere appieno la loro maternità in autonomia e serenità;
- negli ospedali affiancano medici e infermieri in attività di cura, prevenzione e informazione;
- lavorano con i disabili per favorire la loro integrazione e realizzazione personale nella società;
- aiutano i tossicodipendenti a uscire dalla dipendenza e costruirsi un futuro migliore;
- lavorano con gli stranieri per favorire la loro piena integrazione nella società;
- nell’ambito della psichiatria, assistono e promuovono una maggiore autonomia e indipendenza;
- in carcere, favoriscono la rieducazione dei detenuti  per reinserirli nella società legale;
-  assistono gli anziani non solo da un punto di vista medico, ma facendo in modo che anche questa parte della loro esistenza possa essere dignitosa, serena e attiva;
in breve, cercano di rendere il mondo migliore lavorando affinché tutti possano partecipare ad esso con uguali diritti, possibilità e capacità, senza discriminazioni e pregiudizi.
Se ognuno di noi si trova o troverà in una di queste situazione nella sua vita, o conosce qualcuno che si trova o si è trovato in essa, allora l’argomento non può che interessarci.
 Perché come vorremmo che il medico che ci cura fosse competente ( soprattutto abbia fatto esperienza sul campo prima di curare noi), così anche l’ educatore professionale  (come qualunque altra professione) ha diritto a essere formato sul campo e a avere come docenti anche persone a contatto con il lavoro quotidiano, che li possano formare anche negli aspetti più pratici e meno teorici.
Ecco, agli educatori è stata tagliata proprio questo tipo di formazione.

Ed è per questo che protestiamo contro i tagli regionali e speriamo che sempre più persone ci possano appoggiare in questa azione. Perché tagliare l’istruzione e la formazione significa garantire un futuro migliore non solo a noi ma a molti altri.
E ora sapete il perché.