giovedì 15 marzo 2012

Incubi tecnologici.

di Igor Salomone

“Ah, non so, io con la tecnologia non mi ci trovo”. Già sentita? Innumerevoli volte, direi. Nel mondo degli educatori praticamente è uno standard. Dunque non mi sarei neppure dovuto stupire più di tanto nel sentirla ripetere di nuovo. Era la pausa caffè di un laboratorio. Tutti ammassati attorno al buffet con bicchierino in mano colmo e caldo e un biscotto tra le dita e le labbra. Come da manuale del buon formatore mi sono assicurato che i corsisti se la sapessero cavare on lo spuntino autogestito, in particolare con il caffè da prepararsi a mezzo cialda nell’apposita macchinetta. “Ah, non so, io con la teconologia non mi ci trovo”, era riferito alla Lavazza per l’espresso fai-da-te. La “tecnologia”….? La TECNOLOGIA…? La macchinetta espresso per il caffè in cialde sarebbe una tecnologia che ah-non-so-non-mi-ci-trovo…?
Non può essere, evidentemente. Posso capire mia suocera, forse, ma una ragazza di venticinque anni? No, non può essere. Per esempio, peccato non glielo abbia chiesto, ma ce l’avrà la patente? Immagino di sì. E allora non quadra, perchè per quanto possa guidare un’auto di vecchia data, quell’auto è per forza mooooolto più “tecnologica” di una macchinetta per il caffè a cialde. Dunque? Dunque la sua affermazione non può essere presa in senso letterale. Piuttosto direi che assomiglia di più a una posa. Molto diffusa nelle lande italiche e, in particolar modo, tra gli educatori.
C’è qualcosa di sottilmente autocompiacente nel definirsi poco o per nulla “tecnologici”. Come dire, sono mode che non mi interessano. Anzi, non mi piacciono proprio. Anzi, nutro una certa ostilità in proposito perchè non le trovo giuste, sinanco pericolose.
Insomma, il mondo sta trasformandosi in modo radicale e inedito sotto i nostri piedi. Davvero possiamo fare spallucce dicendoci che le cose importanti sono altre? E quali, di grazia? Insomma, si può ben aspirare all’eremitaggio, alla vita campestre e comunitaria dimentica del mondo circostante, a un dimensione dell’esistenza racchiusa nel piccolo confine delle persone che si incontrano faccia a faccia e delle cose che si possono toccare con mano, possibilmente “naturali” e prodotte da sè o al massimo nel giro di qualche chilometro da casa nostra. Non è obbligatorio, certo, cavalcare i cambiamenti repentini e profondi, neanche cercare di capirli, si può trattenersi ai margini delle trasformazioni, non averne neppure il più vago sentore e, se è il caso, evitare consapevolmente di accorgersene. I modi del vivere sono mille e ognuno può tentare di scegliere quello che più lo rende felice, o per lo meno che lo fa star bene, o insomma che non lo mette a disagio, anzi, che dal disagio lo tiene lontano.
Ma allora perché fare l’educatore? Davvero ha un qualche senso occuparsi dell’aiutare il prossimo a districarsi nelle enormi difficoltà che il vivere contemporaneo propone a ogni angolo, evitando in prima persona il 99% di quelle difficoltà? Non credo. Qui non è questione di “essere” su Facebook o di utilizzare quotidianamente Internet. E’ questione di essere nel mondo, in questo mondo, e accettarne le sfide. E quella della profonda trasformazione della vita di ognuno prodotta dalla tecnolgia digitale è in questo momento una delle sfide fondamentali. Chiamarsene fuori significa rinunciare a ogni credibilità.

2 commenti:

  1. Condivido la leggera irritazione per la posa "atecnologica" di fronte alla macchina a cialde.
    Ma da qui a farne un rimbrotto generalizzato verso chi nutre diffidenza e scetticismo verso i social network forse è eccessivo. Pare che si possa essere solo o dentro o fuori, o essere completamente credibile o essere per niente credibile.
    Mi piacerebbe pensare che ci sono delle vie di mezzo. Anche se sono cinque minuti che provo a capire come pubblicare il commento..... ah! ma io con le tecnologie non mi ci trovo molto....

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  2. Non credo sia una questione di essere "dentro" o "fuori" quanto di essere consapevoli che la tecnologia esiste, conoscerla e utilizzarla al meglio. E come educatori aiitare i nostri utenti ad usarla al meglio, a non essere usati da essa.
    Anche il telecomando tv per mia nonna era "queste diavolerie moderne!" ma quando ha capito che poteva cambiare canale senza alzarsi dal divano...

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